Ungheria, la vita dei rifugiati tra integrazione e diffidenza

Ungheria, la vita dei rifugiati tra integrazione e diffidenza
Di Debora Gandini
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Sono oltre 60.000 le richieste di asilo politico che l’Ungheria ha ricevuto nei primi sei mesi del 2015. In base al sistema di quote europeo per

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Sono oltre 60.000 le richieste di asilo politico che l’Ungheria ha ricevuto nei primi sei mesi del 2015. In base al sistema di quote europeo per ripartire i migranti anche il governo di Budapest dovrà accogliere un certo di numero di profughi. Per i paesi dell’Europa centro-orientale si apre un nuovo capitolo: quello dell’integrazione sociale dei rifugiati che sono per lo più musulmani. A Budapest, secondo Zoltán Sulok, il Presidente dell’organizzazione dei musulmani d’Ungheria, la comunità è conta circa 30-50 mila persone.

“Un modo per far si che i rifugiati musulmani si integrino meglio è trattarli in modo equo. Se analizziamo questo argomento da un punto di vista della nostra religione, l’Islam, la cosa più importante è che possano metterne in pratica correttamente i principi, racconta Zoltán Sulok, Presidente dell’organizzazione dei musulmani d’Ungheria.

Sul tema dell’integrazione la società ungherese è divisa. C‘è chi pensa che i migranti debbano vivere secondo la cultura del paese ospitante e chi invece ritiene che si possa trovare un compromesso. Come András Heisler, Presidente della Federazione delle comunità ebraiche ungheresi: “Se analizziamo la storia possiamo trovare molti esempi in cui ebrei e musulmani hanno vissuto insieme in pace e armonia, avrebbero potuto formare una comunità. Quindi non penso che dovremmo essere spaventati dal vivere nuovamente uniti”.

Vivere in pace e in armonia: è la regola emersa dalla Conferenza Episcopale Ungherese. Ai nostri microfoni il portavoce dei vescovi ha sollecitato le istituzioni caritative cattoliche – in sintonia con quanto già chiesto da Papa Francesco – a trovare modi più efficaci per fornire assistenza umanitaria ai migranti e aiutarli a superare le difficoltà della loro nuova vita. Un aspetto condiviso anche dalla comunità musulmana.

“Molte persone in Europa, soprattutto qui nella parte centro-orientale, dimenticano che c‘è chi arriva dall’Afghanistan, un paese in guerra. La gente in Afghanistan vive in guerra dal ’79. La generazione che sta fuggendo per venire qui non ha mai vissuto in una società normale come la nostra”, aggiunge il Presidente dell’organizzazione dei musulmani d’Ungheria.

Convivenza e rispetto anche per combattere odio, indifferenza e integralismo. “Non dobbiamo aver paura delle religioni diverse dalla nostra. Dobbiamo aver paura solo del terrorismo. Non di altri credi religiosi. I governi nazionali e l’Unione europea hanno la la responsabilità di scovare i terroristi tra la folla di migranti e rifugiati, il loro lavoro consiste nel ridurre i rischi e i pericoli”, conclude il Presidente della Federazione delle comunità ebraiche ungheresi.

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