Schengen: il simbolo dell'Europa unita a rischio

Schengen: il simbolo dell'Europa unita a rischio
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Di Cecilia Cacciotto
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È il simbolo dell’Europa senza frontiere. Qualcuno oggi chiede la sua “testa”. L’accordo di Schengen, che permette la libera circolazione senza

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È il simbolo dell’Europa senza frontiere. Qualcuno oggi chiede la sua “testa”.

L’accordo di Schengen, che permette la libera circolazione senza controlli doganali all’interno di un’area geografica precisa, traballa di fronte a un flusso migratorio incontrollabile.

Se in queste ore molti ministri evocano Schengen, in molti ne ignorano origini e regole.

È qui sulle rive della Mosella, a qualche decina di chilometri da Schengen, che, nel 1985, un primo nucleo di Paesi decide di dare un’accelerata a mobilità e commercio firmando l’accordo di Schengen, che nasce al di fuori del quadro comunitario, perché non si riesce a trovare un accordo tra i 10 Stati membri dell’allora Cee.
Oggi, a pieno diritto nell’acquis comunitario, lo spazio Schengen comprende 26 Paesi europei, di cui 22 membri dell’Unione.
Non ne fanno parte Gran Bretagna, Irlanda, Cipro, Croazia, Bulgaria e Romania.
Tra i Paesi extracomunitari ci sono invece Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera.

All’interno dell’area Schengen più di 400 milioni di cittadini possono muoversi liberamente. Sono aboliti infatti i controlli alle frontiere interne dei Paesi aderenti mentre sono obbligatori quelli alle frontiere esterne.
Da qui l’urgenza di rafforzare e potenziare i controlli dei confini esterni dello spazio Schengen.
Questo compito è stato affidato a Frontex, agenzia per la gestione delle frontiere esterne, nata nel 2004 e attiva dal 2005.

Fortemente criticata per il suo operato da Ong e associazioni umanitarie, Frontex fa i conti con un budget ridotto e fissato in 114 milioni di euro per il 2015.

Di fronte a situazioni eccezionali Schengen potrebbe venire sospeso, come è stato il caso in Germania per il G7 della primavera scorsa.
Sempre la Germania ne sollecita ancora oggi la sospensione.

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