Solo il 35% dei russi ritiene che il Cremlino non fece il possibile per salvare l’equipaggio del Kursk. Nel giorno in cui si ricorda la tragedia del
Solo il 35% dei russi ritiene che il Cremlino non fece il possibile per salvare l’equipaggio del Kursk. Nel giorno in cui si ricorda la tragedia del sottomarino affondato il 12 agosto del 2000 con a bordo 118 marinai, il numero dei critici verso Vladimir Putin si è dimezzato, ma gli ufficiali dalla marina ricordano bene quei tre giorni da incubo.
“Non c‘è alcun dubbio che 15 anni fa, durante la catastrofe del Kursk, non è stato fatto tutto il possibile per salvare l’equipaggio. Non è stato fatto niente per salvarli – ricorda Igor Kurdin, presidente del circolo ufficiali dei sottomarini – L’unica nave di salvataggio, la Mikhail Rudnitsky, era ferma al molo di Severomorsk e non era nemmeno pronta a prendere il mare, nonostante il fatto che fosse in corso un’esercitazione su vasta scala della Flotta del Nord. Ma la cosa più grave è stata quella di aver rifiutato l’aiuto dall’estero”.
Il 12 agosto 2000, il Kursk era nel mare di Barents per un’esercitazione nella quale avrebbe dovuto lanciare dei siluri di nuova fabbricazione. Secondo l’inchiesta ufficiale, uno dei siluri esplose dando il via a una serie di deflagrazioni. La maggior dei 118 marinai morì sul colpo, 23 di loro, rifugiatisi in coda, morirono di agonia per mancanza di ossigeno.