V-Day: gli eroi morti senza nome che hanno salvato l'Europa da Hitler

V-Day: gli eroi morti senza nome che hanno salvato l'Europa da Hitler
Di Euronews
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Da molti anni, questo gruppo di volontari trascorre la stagione primaverile nelle foreste russe, rese impraticabili dal fango. Non è uno sport

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Da molti anni, questo gruppo di volontari trascorre la stagione primaverile nelle foreste russe, rese impraticabili dal fango. Non è uno sport estremo, ma la ricerca dei resti dei soldati morti nella Seconda Guerra mondiale.

“Ho trovato una maschera antigas – dice un membro dell’equipe – Sotto la maschera c’era un cranio fracassato. E queste sono la clavicola e le ossa delle mani.”

Le immagini mostrano i resti di uno dei 4,5 milioni di soldati sovietici dispersi nella Seconda Guerra mondiale. Quei giovani che hanno salvato l’Europa da Hitler sono caduti senza nome in qualche terreno tra Mosca e Berlino. Il team di ricerca ‘Obelisk’ sta concentrando le sue indagini nella regione di Smolensk, a 300 km da Mosca.

“Ci sono almeno due persone qui. Quattro gambe – spiega un volontario di Obelisk – Per ora, solo una capsula. Un capsula ben chiusa. Cedo che avremo buone possibilità di decifrarne il contenuto”.

Medaglioni, elmetti, pistole, granate arruginite. Tutti questi oggetti sono stati ritrovati durante le ricerche effettuate nei boschi e oggi fanno parte di una mostra amatoriale allestita in una scuola di Mosca. La speranza di ogni ricercatore è quella di trovare un medaglione ben conservato, una capsula che contenga un pezzo di carta con i dati relativi all’identità del soldato.

“Questa è la foto di Andrey Ilshaev. Abbiamo trovato il suo medaglione dove c‘è scritto che era originario di Tarasovskaya, un villaggio nella regione di Mosca. Dopo aver raccolto queste informazioni ho preso un treno e ho raggiunto questo paese – ricorda il capo di Obelisk, Mikhail Polyakov – Ho trovato la strada indicata nel medaglione e il numero civico. Appena sono entrato nel giardino ho visto una donna anziana, una babushka, in piedi sul portico. Le ho chiesto: ‘dimmi, ti prego, Andrey Ilshaev ha vissuto qui?’. Lei mi ha guardato negli occhi e mi ha risposto: ‘sì, è mio marito. Nel febbraio del 1942 partì per la guerra e da allora non ho avuto più notizie di lui”.

Tuttavia, trovare un medaglione o oggetti personali firmati è un raro colpo di fortuna. Tra gli oltre duemila soldati ritrovati dal team Obelisk, solo 74 sono stati identificati.

“Operiamo su terreni ricchi di argilla e composti acidi. Ecco perché alcuni resti si dissolvono – dice Dmitry Kluchnikov, responsabile del team – A volte resta solo la sagoma, ma quando proviamo a sollevarla, si sbriciola. Se il terreno è acido, ci sono poche possibilità di ritrovare resti umani. Quando si innesca la reazione chimica resta solo lo scheletro”.

I resti dei militi ignoti, di quei soldati che è stato impossibile identificare, sono sepolti in piccoli cimiteri, a volte nei boschi, ma con tutti gli onori religiosi e militari.

Ma cosa spinge queste persone a impegnarsi nella ricerca dei soldati dispersi? Nei Paesi dell’ex Unione sovietica quasi ogni famiglia ha un soldato morto in guerra.

Nikita, 12 anni, e Mariana, 14, sono due alunni della scuola in cui il team di ricerca ha allestito il suo museo. Mariana prende parte per la prima volta alla spedizione di ricerca dei soldati. Nikita è alla sua terza esperienza. Ha anche costruito dei modellini di carri armati della Seconda Guerra Mondiale per arricchire l’esibizione.

“Voglio solo che la gente sappia che questi soldati hanno combattuto per il nostro Paese, non voglio che vengano dimenticati”, dice Nikita Tarasenkov.

“Mio nonno è stato ucciso in guerra e molti anni più tardi i suoi resti sono stati ritrovati da una squadra di ricerca – riconda la piccola Mariana Chudinova – Sono stata molto contenta quando il suo corpo è stato ritrovato perché finalmente poteva essere sepolto”.

“Una guerra non è finita fino a quando l’ultimo dei suoi soldati non è sepolto”, dicono i russi. Così, per molti, nella Russia di oggi, la Seconda Guerra mondiale non è ancora finita. Ed è per questo che, ogni primavera, centinaia di gruppi di ricerca affrontano le foreste rese impraticabili dal fango. Per seppellire i loro soldati. Per seppellire la guerra.

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