Rabbia Maduro contro il decreto Obama: "Vuole un golpe in Venezuela"

Rabbia Maduro contro il decreto Obama: "Vuole un golpe in Venezuela"
Di Diego Giuliani
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Discorso fiume in TV contro l'inserimento del Paese fra le minacce alla sicurezza degli Stati Uniti

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Accuse di tentato golpe, richiamo dell’incaricato d’affari e richiesta di poteri speciali contro la minaccia imperialista.

Va in onda a reti unificate la rabbia del presidente Nicolas Maduro contro il decreto di Obama che dichiara il suo Venezuela una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti e congela i beni di sette alti funzionari di Caracas.

#Vídeo | @NicolasMaduro: esta es la agresión más grande de #EEUU contra Venezuela en la historia http://t.co/YsY0VxkLdw

— teleSUR TV (@teleSURtv) 10 Marzo 2015

Due ore di discorso, in cui alle accuse di Washington, Maduro replica che i destinatari delle sanzioni non sono sabotatori della democrazia e della libertà d’espressione ma eroi. Uno di loro, il direttore dei servizi segreti, lo promuove anzi a Ministro dell’interno.

#Venezuela, #Obama vara sanzioni. http://t.co/USuxiZLNLG

— Andrea Sgrulletti (@ASgrulletti) 10 Marzo 2015

Tornando a spendere definizioni come “aggressione imperialista”, nel suo discorso televisivo il presidente venezuelano ha accusato Obama di voler intervenire nel suo paese per rovesciare il governo e bollato l’iniziativa di Washington come un “errore colossale”.

Il Venezuela ha incassato il sostegno del governo cubano, che in un comunicato affidato ai media locali ha bollato come “aggressiva e arbitraria” l’iniziativa di Washington.

Cuba respalda a Venezuela ante sanciones de EE.UU. >>>http://t.co/cbDsl5kwFf#ObamaYankeeGoHomepic.twitter.com/zWUbBzW7Ro

— teleSUR TV (@teleSURtv) 10 Marzo 2015

In base alla procedura statunitense, l’inserimento di un paese tra le minacce alla sicurezza nazionale è il primo passo verso l’adozione di più organiche sanzioni. Misure con cui Washington, tutt’ora in buona parte dipendente dal petrolio venezuelano, ha però sottolineato di non voler colpire la popolazione, né tantomeno l’economia del Paese.

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