Le cinque sfide di Papa Francesco

Le cinque sfide di Papa Francesco
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Di Alfredo Ranavolo
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- Bonificare la Chiesa dalle “malattie della curia” Bergoglio, sin dal suo insediamento al soglio papale è stato considerato una sorta di

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- Bonificare la Chiesa dalle “malattie della curia”

Bergoglio, sin dal suo insediamento al soglio papale è stato considerato una sorta di “rivoluzionario”. Da subito ha messo in chiaro che, prima ancora di quelli del mondo, i mali della curia, alcuni incancrenitisi nei secoli, sarebbero stati fortemente combattuti nel suo pontificato.
Lo ha ricordato con chiarezza anche nei tradizionali auguri di Natale al corpo ecclesiale.
“La curia – ha detto in quella occasione – è chiamata a migliorarsi sempre e a crescere in comunione, santità e sapienza per realizzare pienamente la sua missione” aggiungendo che “essa, come ogni corpo, è esposta anche alle malattie, al malfunzionamento, all’infermità. E qui vorrei menzionare alcune di queste probabili malattie”. Ne ha elencate 15, tra le quali “sentirsi immortale”, “il cuore di pietra e il duro collo”, avere un “alzheimer spirituale”, la “schizofrenia esistenziale”, il “terrorismo delle chiacchiere”. A proposito di quest’ultimo male ha ricordato “un prete che chiamava i giornalisti per raccontare cose riservate dei confratelli e per lui contava solo vedersi sulle prime pagine dei giornali e così si sentiva potente e avvincente, poverino”.
E, alla fine, aveva concluso dicendo “non voglio concludere questo incontro senza chiedervi perdono per le mancanze mie e di miei collaboratori e anche per alcuni scandali che fanno tanto male, perdonatemi”. I primi, ovviamente, sono quelli che riguardano gli abusi sessuali su minori da parte di prelati.

- Ripulire il Tempio dai mercanti

La rivoluzione bergogliana passa anche per la cassaforte. Da luglio 2014 il francese Jean-Baptiste de Franssu è il presidente dello Ior (Istituto per le opere di religione), conosciuto anche come “la banca vaticana”. E con lui è arrivato un terremoto nel consiglio di amministrazione, con l’ingresso del tedesco Clemens Boersig, dell’americana Mary Ann Glendon e del britannico Michael Hintze. A settembre il completamento col cileno Mauricio Larrain e l’italiano Carlo Salvatori.
Si è trattato dell’avvio della “fase 2”, dopo il risanamento delle situazioni di rischio, l’assorbimento degli “investimenti sbagliati ereditati dalle gestioni precedenti” e la chiusura dei rapporti con oltre 3.300 clienti, tra conti “dormienti” e “laici”. In nome di un processo di trasparenza. L’ex presidente, il tedesco Ernst von Freyberg, ha lasciato con un utile netto 2013 crollato a 2,9 milioni di euro contro gli 86,6 dell’anno precedente, “per via di significativi oneri di natura straordinaria”. Al netto, comunque, dei 54 milioni accantonati per il budget della Santa Sede, ovvero per le opere caritative o di evangelizzazione del Papa.
Poco più di un mese fa, sui bilanci vaticani poco cristallini nei quali la nuova gestione ha dovuto infilare le mani si è soffermato George Pell, segretario vaticano all’Economia. In un’intervista al Catholic Herald ha affermato che sono stati scoperti fondi neri per centinaia di milioni di euro.
Il consuntivo consolidato della Santa Sede per l’anno 2013 ha visto un deficit di 24milioni di euro, dovuto per oltre metà alle fluttuazioni nella valutazione dell’oro.

- Distruggere muri con la diplomazia

Bergoglio ha espresso “vivo compiacimento per una decisione storica” quando ha appreso del disgelo tra Stati Uniti e Cuba. Ma, prima, ha fatto qualcosa di più. Il pontefice “venuto dalla fine del mondo”, si è messo effettivamente di buona lena a costruire ponti. Il primo Papa dell’America Latina, ha portato a compimento un processo a cui teneva molto, che la Chiesa ha sviluppato anche con i suoi predecessori. Papa Francesco si è speso in prima persona, scrivendo durante la scorsa estate a Raúl Castro e a Obama, telefonando numerose volte, cercando di favorire la liberazione di alcuni detenuti, come l’americano Allan Gross, in carcere a Cuba da 5 anni. Non meno importante è stato il lavoro di altri membri della “squadra vaticana”. L’arcivescovo Giovanni Angelo Becciu, numero due della segreteria di Stato, nunzio a Cuba quando ci fu la visita nel 2012 di Benedetto XVI. Il cardinale Pietro Parolin, oggi segretario di Stato, era nunzio in Venezuela.
Nessuno poteva vantare buoni rapporti su entrambi i fronti come la Santa Sede. Migliorati ancora, a livello “personale”, quelli col cattolico John Kerry, segretario di Stato americano. I vescovi cubani e quelli statunitensi chiedevano da tempo la fine dell’embargo.

- Contro il terrore, con la mano tesa all’Islam

“La violenza è sempre il prodotto di manipolazioni della religione. Che viene usata come pretesto quando l’unico scopo è avere potere sugli altri” oppure “Il fondamentalismo religioso, prima ancora di eliminare esseri umani perpetrando orrendi crimini, uccide Dio stesso, trasformandolo in mero pretesto ideologico”. Sono alcune delle frasi pronunciate da Papa Francesco parlando del terrorismo. La crescita della minaccia dell’Isil, che si affaccia alle porte dell’Europa guadagnando consensi anche in Libia, è una delle sfide più complicate che Bergoglio deve affrontare nel suo ruolo di leader religioso conciliante e aperto.
Il pontefice ha nominato, in estate, il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, inviato personale in Iraq. In Kurdistan, in particolare, lì dove infuria ormai da mesi la battaglia tra i peshmerga, che provano a fermare l’avanzata del sedicente “Stato islamico” e i fondamentalisti.
Non sono mancate parole a seguito delle vicende di Parigi della scorsa settimana, che nascono da “una cultura che rigetta l’altro, recide i legami più intimi e veri, finendo per sciogliere e disgregare tutta quanta la società e per generare violenza e morte. Constatiamo con dolore le conseguenze drammatiche di questa mentalità del rifiuto e della ‘cultura dell’asservimento’ nel continuo dilagare dei conflitti”. Nigeria, Pakistan, Siria. Purtroppo i fronti verso il Papa deve rivolgere continuamente i suoi appelli sono sempre numerosi.

- Coniugare tradizione e nuove aperture

Le più grosse resistenze al cambiamento, nella Chiesa cattolica, sono per lo più concentrate sulle battaglie di costumi relative ai fedeli. E allora, se qualche piccola apertura in più, dai lavori dell’ultimo Sinodo, è sembrata venire verso l’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati (frenata, però, dal cardinale di Milano Scola), chiusura ben più netta c‘è verso le coppie gay e l’aborto. Le possibili soluzioni che erano state ventilate per i risposati vanno dall’alleggerire l’iter dei processi chiamati a valutare la nullità dei matrimoni, alla riammissione ai sacramenti tramite una “celebrazione comunitaria” per chi dimostri di aver riparato eventuali torti al coniuge, di avere coscienza del valore dell’indissolubilità delle nozze e consapevolezza delle conseguenze che il divorzio comporta sui figli. Posizione dura, invece, nei confronti di interruzioni di gravidanza e unioni omosessuali. Ferma anche la linea sul tema della fecondazione assistita.

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