Pino Daniele, il Masaniello che riportò a Napoli il valore della ribellione

Pino Daniele, il Masaniello che riportò a Napoli il valore della ribellione
Di Salvatore Falco
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Oggi Napoli è più silenziosa. Una città sempre caotica si è dedicata una giornata di riflessione nel giorno in cui perde la sua ultima voce. Con Pino Daniele la musica italiana perde uno degli interpreti più grandi della sua storia e Napoli un simbolo. Nei libri di storia va ricordato come il protagonista di un’autentica rivoluzione musicale. Quando nel 1977 uscì “Terra Mia” il pubblico scoprì un nuovo modo di fare musica d’autore e Napoli fece i conti con il suo passato.

Pino è l’evoluzione della musica classica napoletana di cui è unico erede. Una musica che ha stravolto ed alla quale, qualcuno storcerà il naso, ha dichiarato “guerra” con una musicalità figlia di una guerra. Quel blues arrivato con gli americani è entrato a far parte di una cultura immensa, viva, e quindi sempre aperta alle contaminazioni. Un novello Masaniello che ha ricordato alla sua gente il valore della ribellione attraverso un progetto chiaro: fondere la grande tradizione della canzone napoletana e gli elementi della musica del Mediterraneo con le sue grandi passioni, il blues, il jazz, il soul e il funky, pescando nei dischi dei suoi idoli, Jeff Beck, Eric Clapton, Paco de Lucia. E mentre venivano pubblicati in serie album capolavoro e uscivano canzoni che sono tra le più belle della nostra storia, l’Italia scopriva una nuova figura di artista star, un napoletano “nero a metà” che stava in classifica con brani in cui la parte strumentale aveva la stessa importanza di quella vocale, con concezioni e livello esecutivo del tutto simili ai grandi prodotti della musica internazionale. Nella sua carriera ha collaborato con buona parte dei più importanti artisti italiani e con figure come Chick Corea, Wayne Shorter e il suo amato Eric Clapton che lo ha invitato a suonare al suo festival a Chicago, accanto ai migliori chitarristi in circolazione. Una figura così grande non poteva non stravolgere l’evoluzione musicale e culturale della sua città. Una città che vive di musica. Pino ha superato la Napoli imaginifica di ‘O surdato ‘nnammurato. Una rottura col passato che la sua generazione non ha capito (è difficile trovare over 60 che preferisca Pino Daniele a Sergio Bruni), ma che quelle successive hanno fatto propria. Pino ha tracciato il futuro. Ha tracciato un percorso di un fermento culturale inesauribile che è proseguito nella musica ed è arrivato anche al cinema con i film di Massimo Troisi, suo fraterno amico. Si canta la migrazione non per malinconia, ma per chiedere condizioni di vita migliori. ‘O sole diventa amaro, ‘o viento porta le voci di chi non può gridare, Pino Daniele se ne fa portavoce e lancia un S.O.S alla nazione. Il suo blues parla in faccia, la mafia è una brutta bestia. La musica diventa lotta di legalità. La sua rivoluzione arriva fino a San Gennaro. ‘Faccia Gialla’ viene utilizzato dal cantautore napoletano per denunciare la corruzione nella curia napoletana. Lui si definiva un napoletano antipatico. Un ossimoro. Un’affermazione che descrive un carattere forte e un orgoglio che non ha bisogno di celebrazioni funebri. Un orgoglio gridato, “questa Lega è una vergogna”, che è anche uscito dalle sue canzoni, come quando ha risposto con parole poco amichevoli a un’affermazione del fondatore della Lega Nord, Umberto Bossi, sui meridionali. Nella sua ultima intervista aveva manifestato il suo disagio nei confronti di un mondo in cui avvertiva “la mancanza di pensiero”.

Pino Daniele non era un grande comunicatore ma amava il confronto, con quelli più bravi di lui come con quelli più giovani. L’incontro con un altro grande napoletano, Massimo Troisi, rappresenta una tappa fondamentale della sua vicenda artistica: i due erano legati da un’amicizia simbiotica, Pino ha scritto le musiche per i primi tre film dell’amico, toccando con “Quando”, che chiudeva “Pensavo fosse amore e invece era un calesse”, uno dei vertici della nostra canzone. Dalla fine degli anni ’70 ci sono generazioni intere che sono cresciute con i suoi dischi e i suoi concerti, frasi e titoli delle sue canzoni fanno parte da tempo del linguaggio comune. Il tributo universale che viene dedicato a Pino in queste ore è la misura dell’orgoglio di una città, Napoli, dove Pino rimarrà per sempre vivo, perché il suo mito è sempre stato. Credito fotografia: Vater_fotografo

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