Gerusalemme: la spirale infinita di vendette e il rischio Intifada

Gerusalemme: la spirale infinita di vendette e il rischio Intifada
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Di Euronews
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“Una spirale infinita di vendette”. Le parole del patriarca di Gerusalemme fanno capire che nessuno sembra in grado di spezzare il ciclo di rappresaglie in Medio Oriente. Ai morti israeliani, seguono quelli palestinesi e sembrano concretizzarsi i timori di una nuova Intifada.

L’ultimo scontro trova le radici nella spianata delle Moschee, gestita da regole complesse e contraddittorie come la storia del conflitto israelo-palestinese. Lo ‘Status quo’ del 1967 consente la preghiera solo ai musulmani, ma negli ultimi quattro mesi sono state diverse le provocazioni degli estremisti ebrei che hanno pregato su quello che loro chiamano il Monte del Tempio.

Provocazioni che hanno infiammato Gerusalemme est, la parte palestinese dalla Città Santa, governata da Israele. Essaouiya, quartiere di 20 mila abitanti, è l’enclave israeliana di Gerusalemme Est. Le vendette qui sono cominciate nel mese di luglio, dopo l’omicidio di un adolescente palestinese, bruciato vivo da estremisti ebrei in rappresaglia al rapimento e all’assassinio di tre adolescenti israeliani in Cisgiordania nel mese di giugno.

A gettare benzina sul fuoco l’annuncio, la scorsa settimana, del via libera da parte delle autorità israeliane alla costruzione di 200 nuove casa a Ramot, sempre a Gerusalemme Est. Questo villaggio si trova nel nord-ovest della parte araba della città occupata nel 1967.

Una politica di espansione che Israele porta avanti negli insediamenti ad est della linea verde e quindi nella parte araba di Gerusalemme, dove vivono 196.000 coloni e 282.000 residenti palestinesi.

In Cisgiordania il numero dei coloni israeliani sfiora i 311mila residenti, secondo l’ultimo censimento condotto dalla Ong israeliana ‘Peace Now’, a fronte di una popolazione di 2.360.000 palestinesi.

Alla fine di ottobre, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha deciso di accelerare i piani per la costruzione di un migliaio di nuove abitazioni a Gerusalemme Est e di nuove infrastrutture in Cisgiordania. 400 nel quartiere di Jabal Abu Ghneim (Bar Homa in nebraico) e 600 a Ramat Shlomo.

Gli Stati Uniti e l’Unione europea considerano la politica degli insediamenti come il principale ostacolo alla pace, ma Bruxelles sottolinea che non è in agenda l’ipotesi di sanzioni contro Israele.

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