"Occidente debole contro Putin". Allarme da Washington sulla Crimea

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Pompa magna e accoglienza da Zar. Anche la scenografia allestita al Cremlino per la firma del trattato di annessione della Crimea sembra confermare che sull’Ucraina è in corso una prova di forza.

“I nostri partner occidentali, guidati dagli Stati Uniti, preferiscono ispirare le loro politiche non al diritto internazionale, ma alla legge del più forte – diceva in quell’occasione Putin, rivolgendosi alla platea -. Si considerano gli eletti, i migliori, quelli che possono decidere delle sorti del Pianeta perché sono gli unici a stare dalla parte del diritto. Fanno quello che vogliono, esercitano il loro potere contro stati sovrani dove meglio credono e danno vita a coalizioni basate sul principio del ‘chi non è con noi è contro di noi’”.

Sostegno al referendum in Crimea, firma del trattato di annessione e prima ratifica lampo da parte della Duma. In spregio agli altolà dell’Occidente, Putin sulla Crimea accelera e in pochi giorni ribadisce la sua versione del diritto.

L’accoglienza della Piazza Rossa è trionfale. L’immagine che rimbalza da maxi-schermi a bandiere è quella di un Presidente forte, capace di sfidare il mondo per far tornare i russi a sognare.

“La verità – commenta tuttavia il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama – è che le azioni di Putin non sono prova di forza, ma di debolezza. Noi non interverremo militarmente in Ucraina. Quanto faremo è mobilitare tutte le nostre risorse diplomatiche per assicurare la creazione di una solida alleanza internazionale, che invii un chiaro messaggio. E cioè che l’Ucraina deve essere libera di decidere del proprio destino”.

Volte a rassicurare, le parole del Presidente Obama tradiscono però lo smarrimento di una diplomazia statunitense sempre più allarmata e convinta che per evitare un degenerare della crisi ucraina si debba fare di più.

Se di guerra fredda ancora non parla, la diplomazia americana lascia infatti trasparire che la temperatura nelle relazioni con Mosca è scesa a minimi che non si registravano da oltre 20 anni.

Allarmati dalla piega presa dalla crisi Ucraina, gli ex consiglieri per la sicurezza nazionale Brent Scowcroft e Zbigniew Brzezinski scomodano paragoni con l’Anschluss dell’Austria da parte di Hitler e all’Europa inviano il messaggio che per fermare Putin bisogna agire con forza

“Dobbiamo far sapere ai russi che siamo estremamente preoccupati per il fatto che le parole di Putin ricordano terribilmente quanto detto da Hitler a proposito dell’Austria, appena prima dell’‘Anschluss’, l’annessione a cui seguì poi anche quella dei Sudeti – dice Brzezinski -. Il resto della storia lo conosciamo poi tutti. Quella che si pone è una questione molto seria per l’Europa: se si resta passivi dinanzi a simili sviluppi si rischia cioè che gli ucraini capitolino e che quanto avvenuto in Crimea torni a ripetersi”.

“Putin è un personaggio diverso, molto diverso da Gorbaciov e anche da Kruscev – gli fa eco Scowcroft -. La sua visione del mondo è quella di qualcuno che ha fatto parte del KGB e che ha assistito al crollo dell’Unione Sovietica. E da questo ha ereditato il dente avvelenato contro gli Stati Uniti in particolare, che secondo lui avrebbero tratto vantaggio dal crollo dell’Unione Sovietica per umiliare Mosca e prendere il sopravvento sulla Russia”.

Una guerra in Europa non è secondo Brzezinski negli interessi di Putin. Urgente, dice, è però che Europa e Stati Uniti alzino la voce per ribadire a Mosca il messaggio.

“Putin deve chiedersi se è davvero in grado di sostenere una guerra in Europa nel momento in cui non solo l’economia russa è in grande difficoltà, ma anche le sue forze armate scontano ancora un certo ritardo – dice -. Dieci anni fa sarebbe stato diverso, ma oggi non credo che Putin accoglierebbe con favore un conflitto in quella parte dell’Europa. Preferirebbe piuttosto una soluzione-lampo come la scissione dell’Ucraina o una rivolta in seno all’Ucraina. E proprio in merito a questo credo gli si debba far capire, in maniera costruttiva, che si tratta di scenari improbabili perché anche noi abbiamo degli interessi da difendere”.

La crisi di oggi è secondo Brent Scowcroft figlia di errori del passato. Se Europa e Stati Uniti non avessero ignorato i segnali che Mosca ha invece saputo cogliere non saremmo insomma a questo punto.

“L’Unione Europea aveva già teso la mano all’Ucraina per proporle un avvicinamento – dice -. Si trattava però di proposte frammentarie, che nel concreto restavano abbastanza vaghe. Poi arriva invece Putin e sul piatto mette un prestito pari a oltre dieci miliardi di dollari. A quel punto, quanto gli Stati Uniti avrebbero potuto – e credo avrebbero dovuto – fare era dire: ‘L’economia ucraina è purtroppo in condizioni disastrati. Mettiamoci insieme, noi americani, l’Unione Europea e la Russia, e diamo vita a un programma di aiuti per rilanciarla”.

Saltati in ritardo sul treno degli aiuti economici, Europa e Stati Uniti provano ora a farsi sentire con le sanzioni. Un passaggio che Brzezinski definisce come necessario ma tutt’altro che sufficiente.

“Diciamo che le sanzioni sono da considerarsi come un antipasto – dice -. Appena uno stuzzichino, e anche abbastanza leggero. Mi aspetto che si faccia di più”.

“I vertici della politica estera statunitense sono molto preoccupati dalle azioni di Putin e dalla risposta dell’Occidente – conclude il nostro corrispondente a Washington, Stefan Grobe -. La loro speranza è che il presidente Obama e gli alleati Europei approvino soluzioni più incisive al vertice europeo della prossima settimana”.

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