Tony Blair: Il conflitto in Siria potrà avere ripercussioni in Occidente

Tony Blair: Il conflitto in Siria potrà avere ripercussioni in Occidente
Diritti d'autore 
Di Euronews
Condividi questo articoloCommenti
Condividi questo articoloClose Button
PUBBLICITÀ

A Davos in Svizzera, al Foro Economico Mondiale, euronews ha incontrato Tony Blair, ex Primo Ministro britannico e oggi Inviato per la Pace nel Medio Oriente su mandato di ONU, Unione europea, Stati Uniti e Russia.

Con lui facciamo il punto sul conflitto in Siria e sulle negoziazioni in corso a Ginevra.

euronews: “Le speranze alle Conferenza di Ginevra II sono poche. Si aspetta alcun risultato alla fine della settimana?”

Tony Blair: “Ovviamente la situazione sul tavolo è incredibilmente difficile. A meno che il Presidente Assad senta davvero la pressione di arrivare ad un accordo sul posto, la prospettiva di arrivare ad una soluzione diciamo che è piutosto improbabile”.

euronews: “Cosa pensa che possa fare la comunità internazionale per avvicinare due parti che sono così fortemente contrapposte?”

Tony Blair: “Penso che negli ultimi sei – nove mesi la situazione si sia spostata di nuovo a vantaggio del regime. Sta ricevendo un enorme supporto dall’ Iran e dagli Hezbollah, che stanno combattendo sul campo fornendo al regime le forze che due anni fa gli mancavano.
Dunque penso che quello che dobbiamo chiederci noi in Occidente è come possiamo mettere l’opposizione nella condizione di negoziare su base paritaria. Il fattore che complica le cose ovviamente è che anche i ribelli al loro interno hanno elementi che noi non approviamo, come il legame con i gruppi di Al-Qaeda, i combattenti della Jihad e così via. Questo è il motivo per cui la situazione è diventata estremamente complessa. Ma non dovremmo mai dimenticarci che in Siria c‘è probabilmente una maggioranza di persone che vogliono una soluzione ragionevole e che capiscono che i diversi gruppi religiosi devono coesistere in pace. Al momento però queste non hanno le forze per far sentire la propria voce.”

euronews: “Pensa che il Regno Unito e le altre potenze occidentali debbano armare i ribelli? e sarebbe di fatto possibile considerato che i gruppi sono così disparati?”

Tony Blair: “Penso che la prima domanda che dobbiamo chiederci è se siamo pronti ad intervenire in qualche modo per cambiare l’equilibrio di poteri in campo. Io penso che dovremmo essere pronti. Ho sostenuto per due anni che dovevamo almeno provare a creare una zona no-fly, non solo per dare una tregua alla popolazione civile, ma per mandare il segnale al regime che le forze militari non possono tenere il paese sotto controllo bombardando i civili.” euronews: Si parla di oltre 100 mila morti e di una grossa crisi umanitaria per i rifugiati.Pensa che la comunità internazionale abbia delle responsabilità per non essere intervenuta finora?”

Tony Blair: “Da ex Primo Ministro so bene quanto siano difficili queste decisioni. Intervenire comporta certi problemi, come abbiamo visto in Afghanistan ed in Iraq.
D’altra parte se non si interviene la situazione non si risolve da sola. La difficoltà è trovarsi di fronte a questa combinazione dove, da una parte c‘è una dittatura pronta a fare un uso orribile e pesante della forza contro la popolazione civile, e dall’altra abbiamo un gruppo estremista sostenuto o dagli shiiti in Iran o dai sunniti di Al-Quaeda. Quando ci si trova in una situazione del genere è davvero incredibilmennte dura prendere le decisioni necessarie a ridisegnare gli assetti. In Occidente c‘è una certa riluttanza ad intervenire – e ne capisco le ragioni – ma come possiamo vedere oggi, anche le conseguenze del non intervento sono estremamente serie.

euronews: “Perché pensa che in Occidente ci sia stata questa reticenza?”

Tony Blair: “E’ semplice: perché la situazione è difficile. Ci sono gruppi come gli Hezbollah che sono preparati a perdere dozzine di uomini al giorno e a ritornare subito in campo a combattere.
Allo stesso modo la ragione per cui gli elementi jihadisti dell’opposizione in Siria hanno cominciato a conquistarsi posizioni, è che sono pronti ad andare, uccidere e morire. Questo li rende un nemico duro da sconfiggere.
Se guardiamo a ciò che sta accadendo nella regione, penso che in pratica ci sia una battaglia in corso: quella tra chi crede nel futuro del paese – quelli che sono aperti e tolleranti con economie e società moderne – e chi sostiene varie forme di estremismi, fondati francamente su una visione distorta della religione.
Questa è la battaglia e credo che per noi in Occidente la cosa importante sia stare dalla parte delle persone ragionevoli – che probabilmente sono la maggioranza, anche se non sono organizzate – e queste non sono quelle pronte ad uccidere.”

euronews: “Quale pensa che sarà la ricaduta sull’intera regione se la Siria continuerà a disgregarsi?”

Tony Blair: “Sarà un disastro, che non si limiterà solo alla Siria, per questo penso che sia una situazione molto seria. Fuori dalla regione possiamo vedere cosa sta succedendo di nuovo in Iraq..in Libano… paesi come la Giordania che stanno resistendo molto bene anche se sono sotto un’enorme pressione. Ci sono centinaia di cittadini britannici che sono andati in Siria per lottare. Sono britannici e torneranno in patria…
Abbiamo una grossa popolazione musulmana in Europa. Penso che la situazione sia molto difficile e capisco perché i leader di oggi trovino la sfida così dura.”

euronews: “Vorrei toccare la questione dell’Iran e del ritiro dell’invito a Teheran a partecipare alla Conferenza di Ginevra II da parte delle Nazioni Unite. Il presidente Hassan Rohani ieri ha detto a euronews che il modo in cui si sono comportate le Nazioni Unite ha indebolito la loro autorità. E’ d’accordo?”

Tony Blair: “Queste sono situazioni diplomatiche delicate, perché il Segretario Generale delle Nazioni Unite ovviamente pensava che l’Iran partecipasse su certe basi, mentre Teheran per qualche motivo pensave di venire ad altre condizioni, che erano inaccetabili per l’opposizione siriana. Capisco come la situazione si sia creata ma francamente non penso che al momento il problema sia se l’Iran è invitata o no. La questione come ho detto è come possiamo alterare l’equilibrio di poteri in campo, in modo che il presidente Assad sappia che deve arrivare ad un accordo sulla transizione.”

euronews: “Dunque pensa che si possa trovare una soluzione diplomatica senza il convolgimento dell’iran?”

Tony Blair: “L’iran è coinvolto …. La realtà ed è più facile dirlo quando non si è in carica è che l’Iran è parte della situazione e se vogliamo arrivare ad una soluzione, anche loro devono ricevere i segnali giusti, e li avranno…
Quello a cui il governo siriano – il governo di Assad – e quello iraniano staranno attenti adesso è il nostro livello di volontà a far funzionare le cose. E questo sarà importante.”

euronews: “A livello personale, le piacerebbe avere un ruolo maggiore negli sforzi diplomatici per aiutare il popolo siriano?”

PUBBLICITÀ

Tony Blair: “No, lascio la cosa ai negoziatori che sono lì adesso. Trovo quello che sta accadendo in Siria profondamente doloroso, e penso che in tutta la regione ci siano grossi problemi che toccano in modo profondo e drammatico gli interessi dell’ Occidente. Ma tocca alle persone che stanno negoziando al momento… Il Signor Brahimi fra l’altro è un uomo molto esperto, ha una lunga esperienza ed è molto capace. Dunque gli auguro buona fortuna.”

Condividi questo articoloCommenti

Notizie correlate

A Davos i vantaggi e i rischi della quarta rivoluzione industriale

Davos: l'Oxfam chiede un sistema fiscale globale contro le disuguaglianze

Russia sotto i riflettori a Davos. L'olandese Rutte: No ad allentare le sanzioni