"Sharon fedele a un solo ideale: uno stato ebraico"

"Sharon fedele a un solo ideale: uno stato ebraico"
Di Euronews
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Raanan Gissin, analista esperto del conflitto arabo israeliano.
Consulente del premier Ariel Sharon e portavoce del governo israeliano, torna indietro nel tempo e ai microfoni di euronews rivela i dettagli inediti sulle scelte fatte da Sharon come premier e come militare.

Come politico e come il militare, per Raaan Gissin, fu guidato da un solo obiettivo, costruire uno stato ebraico che fosse la casa per tutti gli ebrei del mondo.

Luis Carballo, euronews: -Qual‘è stata la decisione più difficile che Sharon dovette prendere? Raan Gissin:
“Penso la rimozione delle colonie da Gaza, dalla Giudea e Samaria. Perché per lui, Israele, tutto lo stato di Israle, si componeva di colonie.
Israele sarà lo stato per tutti gli ebrei del mondo e la colonia era un ottimo modo per costruire questo stato.
Sharon è stato il promotore degli insediamenti per oltre vent’anni”.

-Qual‘è stata la misura di cui andava più fiero?

“Andava fiero di tutte le cose che ha fatto in Israele:dell’agricoltura, della terra, delle nuove colonie costruite, del fatto che Israele attirava sempre più persone, ebrei provenienti da tutto il mondo che hanno fatto sì che Israele diventasse uno stato qual‘è oggi.
Penso che fosse fiero del fatto che Israele avesse un esercito forte, uno dei più forti del mondo.
Era molto orgoglioso di questo… perché ha permesso a Israele..(non finisce la frase)..
Ricordava la sua esperienza nel 1948, quando fu sul punto di morire nella battaglia di Latrun, con i suoi che cercavano di salvare i membri del plotone. Lui per quanto ferito cercava di portare in salvo i suoi uomini. Fino all’infermeria”.

-Dopo il ritiro da Gaza, avrebbe preso la stessa misura per la Cisgiordania? C’era lo stesso piano di smantellamento delle colonie della Cisgiordania?”.

“Immagino che senza dubbio ci sarebbe potuta essere una riflessione.
Avrebbe potuto prendere in considerazione un cambiamento se il mezzo avesse giustificato il fine di avere uno stato ebraico forte al fianco di quello palestinese. Se fosse stato necessario da un punto di vista tattico l’avrebbe fatto. Non so se sarebbe stato in grado di arrivare a un accordo di pace con i palestinesi, come noi speravamo, ma con ogni decisione che prendeva riusciva a unire gli israeliani”.
La cosa importante da capire è che Israele è uno Stato diviso, con forti differenze che Sharon era in grado di sintetizzare per condurre il popolo di Israele nelle battaglie più difficili”.

-Si è mai pentito del massacro di Sabra e Shatila in Libano e della guerra in Libano?

“Sabra e Shatila fu un errore, un errore in Libano. Ma sul fondo, sul fatto che si trattòdi un’azione intrapresa contro i terroristi in Libano e per la sicurezza di Israele, non cambiò mai idea. Penso che si sia pentito, noi apprendemmo solo in seguito quale problema rappresentasse il Libano.
Sharon ha assunto la sua parte di responsabilità e abbiamo pagato per questo. C‘è stato un processo e una commissione.
Lui non ha voltato le spalle a Israele, disse: ho preso questa decisione, perché era la giusta decisione e il momento giusto, assumo pienamente la responsabilità di quanto ho fatto perché l’ho fatto per il bene di Israele”.

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