I rischi della crisi politica in Turchia

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Recep Tayyip Erdogan cerca di arginare la peggiore crisi politica dei suoi undici anni al potere e di limitare i danni in vista delle prossime scadenze elettorali, a iniziare dalle amministrative di marzo.

L’inchiesta di corruzione che ha scosso il governo mette in discussione i rapporti tra le alte cariche dello stato e in seno alle stesse.

Chiamate in causa dalla teoria del complotto invocata dal premier e da suoi collaboratori, le forze armate dichiarano di non volere essere coinvolte nel dibattito politico.

Intanto la lira turca crolla e gli investitori stranieri fuggono, accrescendo il rischio di instabilità.

I recenti avvenimenti in Turchia suscitano numerosi interrogativi, sia per quanto riguarda la sfera interna che quella internazionale. Per cercare di inquadrare meglio la crisi politica attuale, Euronews ha sentito il parere di Talip Küçükcan, direttore dell’Istituto per gli Studi mediorientali e docente di Sociologia e Religione all’Università di Marmara a Istanbul.

“Quando si osservano i recenti avvenimenti in Turchia – in particolare per quanto riguarda l’inchiesta sulla corruzione – vi sono due dimensioni. La prima riguarda il partito di governo, l’AKP: in questi ultimi undici anni è cresciuto parecchio e non è più in grado di controllare tutte le persone che vi hanno aderito. Non è possibile controllare il comportamento di tutti – spiega -. Dunque i sospetti di casi di corruzione sono fondati. Il secondo aspetto riguarda i tempi di questa inchiesta. Vi è un’inchiesta nella quale le prove finora raccolte mostrano che vi è stata corruzione. Ci si aspetta che il governo punisca queste persone. Ma tutto questo avviene in un momento particolare della vita politica della Turchia, ossia mentre il Paese si prepara alle elezioni amministrative e ciò solleva punti interrogativi nel governo”.

Erdogan parla di complotto internazionale, aspetto che chiama in causa le relazioni della Turchia con il resto del mondo. “Il relativo successo della Turchia in politica estera, in special modo la sua apertura verso il mondo, la sua politica pluridimensionale nel Caucaso, nei Balcani e in Medio Oriente è stato criticato dall’Europa e dall’Occidente in certe occasioni – dice Talip Küçükcan -. Per superare queste critiche, la Turchia ha cercato di migliorare i rapporti con l’Unione europea. Ma nonostante abbia riformato il proprio sistema legale, adeguando le proprie leggi a quelle europee, alcuni Stati europei hanno criticato la Turchia a causa del suo governo, a causa della sua appartenenza al mondo musulmano. Hanno culturalmente alienato la Turchia. Hanno detto che la Turchia non appartiene al mondo occidentale. Nonostante i traguardi raggiunti, il partito di governo non è accettato dai Paesi occidentali”.

Altro aspetto della crisi in atto riguarda i rischi di una possibile destabilizzazione della Turchia e della regione: “Negli ultimi undici anni in Turchia vi è stata stabilità economica e politica. Tutti ci hanno guadagnato in questa situazione. La stabilità è importante anche per i problemi cronici della Turchia rispetto al processo di democratizzazione, per il problema curdo e la situazione degli alawiti. Il governo monopartitico turco ha implementato un processo di riforme europee e ha ingaggiato il dialogo con i curdi, importante per la sicurezza regionale. Se la stabilità venisse a mancare da un lato il mondo degli affari ne subirebbe le conseguenze e poi alcune situazioni potrebbero esplodere, danneggiando la pace interna e quella regionale”.

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