Egitto: "I Fratelli musulmani potevano essere battuti nelle urne" spiega Pascal Boniface di IRIS

Egitto: "I Fratelli musulmani potevano essere battuti nelle urne" spiega Pascal Boniface di IRIS
Di Euronews
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La rivolta in Egitto, con il suo carico di speranza nel futuro, era cominciata qui, a Piazza Tahrir del Cairo, il 25 gennaio del 2011.

Da allora il paese ha visto molti sogni infrangersi sotto ripetute ondate di violenza. Dalla destituzione del presidente eletto, Mohamed Morsi, lo scorso 3 luglio, l’escalation è stata veloce.

A metà agosto le proteste contro il colpo di stato militare vengono represse nel sangue. Centinaia i morti tra i Fratelli musulmani, decine tra i poliziotti. Arresti a tappeto. Nel paese viene introdotto lo stato d’emergenza e decapitati i vertici del moimento islamico. L’Egitto sembra a piú riprese sull’orlo di una guerra civile.

Giovanni Magi, corrispondente di euronews a Parigi ha discusso della situazione del paese con Pascal Boniface, Direttore dell’IRIS, l’Istituto di relazioni internazionali e strategiche.

euronews: Sembra che in Egitto non vi sia piú margine per una mediazione, una riconciliazione. Un eventuale passaggio alla clandestinità degli islamisti potrebbe ricondurre il paese agli anni bui?.. gli anni novanta..

Pascal Boniface: “In effetti c‘è stato un enorme passo indietro. Basta che solo un parte dei Fratelli musulmani, anche piccola, torni in clandestinità che il paese ripiomba nell’era Mubarak senza Mubarak. Certo che se i Fratelli musulmani vengono privati della possibilità di esprimersi politicamente (e ogni volta questo accade) quando tornano nel panorama politico una parte di loro si sarà radicalizzata. Ora che stavano per essere integrati nei giochi politici partecipando alle elezioni, potevano essere combattuti attraverso le urne. Erano contestati dalla popolazione e avevano mostrato i limiti del loro programma, perché è chiaro che c‘è un fallimento economico e sociale del programma dei Fratelli musulmani. Possiamo pensare che il colpo di stato e la sanguinosa repressione, entrambe le cose, ma soprattutto la sanguinosa repressione, riporta l’Egitto indietro di molti anni”.

euronews: La comunità internazionale – Stati Uniti e Europa- ha qualcosa da rimproverarsi dopo il colpo di stato di luglio?

Pascal Boniface: “No, l’Europa avrebbe potuto realizzare un’eccellente operazione diplomatica su alcuni canali di mediazione che stavano per essere avviati. C‘è sicuramente un irrigidimento dei Fratelli musulmani e poi il rifiuto dell’esercito che alla fine ha privilegiato la prova di forza ad una soluzione negoziale. Ma l’Europa è stata a due passi da riuscire nella missione e questo sarebbe stato un grande successo per la diplomazia europea, un successo che attendiamo su altri campi da molto tempo.
Inoltre effettivamente possiamo dire che in relazione alla dimensione dei massacri, ci sono state reazioni relativamente moderate.
Ci sono state condanne..ma tiepide…
Ci fosse stata la stessa repressione da parte dell’esercito sui manifestanti a Cuba, Russia o Cina, le reazioni del mondo occidentale, sia a livello mediatico che politico, sarebbero state molto piú accese. Qui vediamo ancora una volta la realizzazione del concetto, non sempre vero, che gli interessi geopolitici vincono sui principi.

euronews: Sullo sfondo è in corso uno scontro diplomatico tra numerosi attori della regione: Arabia Saudita e Emirati da un lato, Qatar e Turchia dall’altro. L’Occidente rischia di perdere la propria influenza sull’Egitto?

Pascal Boniface: “La perderà se non rispetta i suoi principi. Occorre guardare sul lungo termine, non limitarsi agli episodi di questi giorni. Qual è la credibilità dell’Europa se cambia posizione sulla base degli attori? Riguardo la lotta tra il Qatar e la Turchia da una parte e gli Emirati e la Russia dall’altro, già sappiamo che ci sono altre aree del mondo dove si creano alleanze contraddittorie e che tentano di far valere i propri interessi o quelli che ritengono essere i propri interessi. Ma noi in quanto europei, non dobbiamo cadere in queste dinamiche. Non possiamo essere fieri della democrazia e applaudire oppure non protestare contro un colpo di stato. E non possiamo piú dire che i diritti umani sono al centro della politica europea e fare come se nulla fosse successo mentre ci sono diverse centinaia di morti”.

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