Iran a metà strada tra tradizione e futuro

Iran a metà strada tra tradizione e futuro
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Di Euronews
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L’Iran va alle elezioni per eleggere un nuovo presidente. Un Paese che ha sempre voluto essere diverso e che si è sempre mosso controcorrente.

L’esito di un lungo braccio di ferro con l’Occidente ha portato a un declino economico e a nuove sanzioni.

Per capire cosa succede in Iran, con noi Rouzbeh Parsi, ma prima un breve servizio.

In Iran la rivoluzione islamica apre le porte a un futuro che resta incompiuto. Ancora oggi.

Oggi, a 34 anni dalla cacciata dello scià e dall’arrivo dell’Aytollah Khomeini, l’Iran è ancora a metà strada tra tradizione e modernità.

Lo scià declinava la sua idea di nazionalismo con l’integrazione all’Occidente, per l’ Ayatollah Khomeini il futuro del Paese si inscriveva nell’Islam.

Prometteva giustizia, libertà, uguaglianza e un miglioramento dello status internazionale iraniano.

Invece il confronto con l’Occidente si trasforma in un muscoloso braccio di ferro.

Il sequestro degli ostaggi statunitensi all’ambasciata di Teheran non è che l’inizio. Anno dopo anno si assiste a un’escalation. Le ambizioni nucleari iraniane ne segnano l’apice.
Teheran giustifica la crisi economica parlando di cospirazione occidentale mentre la comunità internazionale bacchetta la Repubblica islamica per l’assenza di diritti e di democrazia.

Non solo, con George W.Bush, Teheran entra a far parte del club degli Stati canaglia, gli stati che finanziano il terrorismo internazionale.

Con Barak Obama, si apre uno spiraglio di dialogo.
Che non porta a evidenti miglioramenti.

Teheran continua a alternare i suoi due volti, quello di una vuota retorica e un secondo più pragmatico.

È chiaro che con il suo programma nucleare Teheran mostra all’Occidente il volto più duro che ha.
Ma a che prezzo?

Masoud Imani, euronews:

-Rouzbeh Parsi, analista dell’Istituto europeo per gli studi sulla sicurezza, è collegato con noi da Stoccolma, 34 anni dopo la rivoluzione islamica come definirebbe l’Iran, un Paese radicale, pragmatico, pragmatico e radicale o come altrimenti?

Rouzbeh Parsi, analista dell’Istituto europeo per gli studi sulla sicurezza:

“Parlerei di uno stadio post-rivoluzionario, che è romai giunto al suo termine, per via del fatto che la sua retorica non coincide più con le sue politiche.”

-Perché l’Iran va contro corrente per quel che riguarda i rapporti con la comunità internazionale?

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“Si deve tornare indietro alla rivoluzione. Quando i rivoluzionari vollero cambiare il mondo e rimodellarlo secondo la propria ideologia, oggi continuano su questa strada”.

-Chi sta pagando per le sanzioni? Gli iraniani o il programma nucleare?

“Oggi le ultime sanzioni imposte dalla comunità internazionale hanno un impatto molto forte sulla popolazione in generale. Lo Stato riesce ancora a cavarsela”.

-Pensa che Iran e Usa un giorno arriveranno a negoziare insieme, uno di fronte all’altro?.

“Penso sia inevitabile, la domanda è piuttosto chi avrà la volontà politica di dirlo non solo a voce alta, ma di farlo”.

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-Nello scenario attuale medio orientale e in quello più ampio mondiale, parlando di Iran e Occidente ritiene che si tratti di un gioco geopolitico o piuttosto della democrazia in Iran?

“Credo che si tratti di entrambe le cose, ovvio sulla tutela dei diritti umani in Iran ci sono molte critiche e ci sono cose che l’Iran fa che non aiutano.
Si tratta anche di geopolitica, naturalmente, molti problemi dovranno essere affrontanti indipendentemente da chi governerà a Tehran”.

-Il movimento verde, che n‘è stato?

“Per qualificarlo come movimento dovrebbe trattarsi di un fenomeno più permanente, cosa che è ancora da vedere; voglio dire il malessere è evidente, non ci sono dubbi, che poi si trasformi in un movimento è cosa diversa”.

- Chi è che ha l’ultima parola in Iran?

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“L’ultima parola spetta al leader supremo, Ali Khamenei, anche se non è il solo a decidere.”

-La politica in Iran è molto più complicata, ci sono vari livelli in cui le decisioni sono prese. Non è vero?

“Esatto, si tratta di circoli, network di potere, che dall’esercito passando per la politica arrivano al mondo degli affari. Per questo dico che Khamenei prende le decisioni finali, ma non è il solo. Ha bisogno di allineare tutte le diverse fazioni, prima di prendere una decisione, che dovrà essere sostenuta da questi ambienti”.

-Chi sta perdendo di più da questo braccio di ferro, Iran o Occidente?”

“Da un punto di vista geostrategico, l’ Iran sicuramente è più svantaggiato da questa situazione.Per gli Usa, l’Iran può costituire un problema nella regione, ma hanno altro di cui preoccuparsi in Medio Oriente, ( non solo l’Iran).
Questo non vuol dire che l’Occidente così come le sue politiche non ne abbiano svantaggi”.

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-Chi vincerà le presidenziali?

“La sola regola che abbiamo tratto in questi ultimi 20 anni è che le elezioni presidenziali in Iran ci hanno sempre riservato grandi sorprese e credo che questa volta sarà lo stesso”.

-Come vede l’Iran nei prossimi 4 anni?

“Saranno anni cruciali, perché in primo luogo ci sarà un problema di gestione.
Il Paese è stato mal gestito , manca la fiducia sociale, ci sono poi i problemi di politica economica, una situazione economica e strutture economiche assolutamente inefficienti”.

-Vede una fine del conflitto Iran Occidente? Compromesso o guerra?

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“Possiamo sperare solo in un compromesso e entrambe le parti, penso , la vedano in questo modo.
La domanda è se saranno capaci di farlo prima che le forze che ambo le parti hanno immesso nel campo possano essere riassorbite”.

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