Pollichieni: "L'Europa resta un paradiso per la ndrangheta"

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Di Euronews
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L’assessore regionale lombardo alla casa, Domenico Zambetti, del Pdl, è stato arrestato a Milano con l’accusa di voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa. Il componente della giunta Formigoni è accusato di avere rapporti con cosche della ndrangheta, dalle quali avrebbe comprato 4000 voti, pagandoli 50 euro ciascuno.

Ndrangheta e politica anche a Reggio Calabria, dove è finito in prigione, insieme ad altre sei persone, anche Bruno De Caria, direttore generale dell’azienda municipalizzata per la raccolta dei rifiuti.

Proprio il sospetto di una commistione di interessi mafiosi e politici nelle società muncipalizzate ha dato il via alle indagini sulle infiltrazioni di ndrangheta nel Comune di Reggio Calabria.

Una indagine che strada facendo ha scoperto un intreccio di malaffare così diffuso da portare, martedi, il ministro dell’Interno Cancellieri a sciogliere il consiglio comunale della città.

Paolo Pollichieni è tra i giornalisti che di più hanno denunciato l’intreccio tra criminalità e politica in Calabria. Finora sono stati sciolti 52 comuni per infiltrazioni mafiose in Calabria. Perché Reggio Calabria, che è il cinquantatreesimo, fa più rumore?

“Intanto perché è il primo capoluogo di provincia, che viene sciolto in italia ed è anche la città più grande, quantomeno la più popolata, della Calabria. Ma c‘è anche una ragione politica: il fatto che negli anni scorsi si sia parlato di un modello politico, il “Modello Reggio”, attraverso il quale il centrodestra avrebbe voluto governare la Calabria e altre realtà locali.

La relazione prefettizia che ha portato allo scioglimento parla di un “modelllo criminogeno”. Il ministro ha sottolineato in conferenza stampa che a Reggio eravamo di fronte a una sorta di coabitazione, a una contiguità, questo il termine esatto usato dal ministro, che significa non che mi sono trovato qualcuno in casa a mia insaputa, ma che ho lasciato la porta aperta per lasciarlo entrare.”

E’ di oggi la notizia dell’arresto a Milano dell’assessore regionale Zambetti, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Come mai la ndrangheta è riuscita a radicarsi e a imporre i propri metodi – pure quelli sul condizionamento della politica – anche lontano dalla sua zona d’origine?

“C‘è ancora oggi non solo in Italia, ma anche in Europa, il concetto della ndrangheta come di una mafia localistica, regionale, quasi folkloristica. Le indagini hanno provato che non è così. Anche fuori dai confini italiani c‘è una grande presenza. Se ne erano accorti dopo la strage di Duisburg.

Gli investigatori, che vogliono evitare che le cosche entrino negli appalti dell’Expo 2015, hanno segnalato come molte aziende della ndrangheta si siano impossessate, grazie all’enorme liquidità di narcodollari, di aziende pulitissime che hanno sede in Germania, Francia e soprattutto Olanda. Con quelle partecipano alle gare d’appalto in italia anche per l’Expo. Laddove a un’azienda italiana si chiede il certifcato antimafia, a un’azienda straniera no.

Secondo te, fatti come questi di cui parliamo possono accadere anche in altre parti d’Europa? E l’Europa, fa tutto il possibile per combattere il malaffare e le mafie?

“L’Europa non ha proprio coscienza che questo problema esista. La legislazione europea non contempla il reato associativo fine a se stesso. Men che meno prevede un reato di associazione mafiosa. E invece questo è un fattore ormai tangibile, quando i nostri investigatori vanno all’estero. Nella ricerca dei latitanti un minimo di collaborazione c‘è. Ma nella prevenzione, per evitare che la ndrangheta ricicli il denaro sporco e faccia un tipo di economia pulita, per i mafiosi l’Europa è ancora un paradiso. Purché paghi le tasse tutto va bene”.

Per saperne di piu’ guardatevi l’intervista a Giuseppe Ayala, ex magistrato del Pool Antimafia di Palermo

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