Vali Nasr: "Anche senza Assad, in Siria esisteranno ancora ragioni per combattere"

Vali Nasr: "Anche senza Assad, in Siria esisteranno ancora ragioni per combattere"
Di Euronews
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Bashar Al Assad non getta la spugna. Resiste ancora, malgrado la guerra civile, le migliaia di morti e persino gli attentati contro il cuore del regime e le defezioni degli alti ufficiali dell’esercito.

Pietra miliare del regime siriano, il presidente resta imprevedibile.

Gli esperti affermano che le possibilità che se ne vada diminuiscono rapidamente, ma constatano anche che la sua caduta sarà lenta e porterà al caos.

Vali Nasr, esperto di questioni mediorientali a Washington, ha spiegato a euronews i motivi di questa resistenza sorprendente.

“A questo punto della storia, è piuttosto irrilevante che Assad se ne vada o rimanga. Anche se stesse per lasciare il potere, la macchina bellica che lo sostiene, quella parte della popolazione schierata con lui, che supera il 50%, se si contano Alauiti, Cristiani e Curdi che lo apprezzano o che hanno paura dell’opposizione, affermerebbe che senza Assad esistono ancora per questo paese motivi per combattere”.

Il rischio che il regime siriano – non avendo più niente da perdere – ricorra ad armi chimiche preoccupa i paesi vicini. Il 23 luglio scorso Damasco ha ammesso di avere queste armi proibite.
Ha però precisato che non le userà contro i civili, contro il popolo siriano, ma solo in caso di aggressione da parte di paesi stranieri.

“I depositi di armi chimiche a questo punto possono essere usati in una trattativa con l’opposizione per stabilire i termini che vogliono fissare in ogni negoziato” continua Vali Nasr. “Credo che sia il tipico gioco di Realpolitik che Assad sta facendo sia con chi fa parte del regime, sia con chi ne è al di fuori”.

In ogni caso, l’annuncio dell’arsenale chimico della Siria ha spaventato gli israeliani, che si sono precipitati a fare rifornimento di maschere antigas.

Israele è tecnicamente in guerra contro la Siria per l’annessione del Golan. Da più di trent’anni, però, i due paesi mantengono lo status quo.

“In generale, il caos in Siria non è un bene per Israele” spiega ancora Nasr.
“Qualunque fosse il problema con la Siria sotto Assad e con Hezbollah, c’erano stabilità e facilità di previsioni sui confini di Israele, specialmente su quello con la Siria.
La situazione era tesa, ma stabile. Ci sono stati combattimenti nel 1973. L’ultimo conflitto aereo con la Siria è stato nel 1982, 1983. Quindi c‘è stata stabilità al confine.
Oggi non si può dire che sia così. Mentre in Siria c‘è il caos, Israele deve stare molto più attento a quella frontiera, così come a chi la attraversa e a chi ha intenzione di attaccare gli israeliani”.

Il regime ha evitato gli aerei, ma non gli elicotteri, per bombardare le città ribelli, forse anche per evitare un’eventuale imposizione di una zona di esclusione aerea.

Questo non ha impedito la morte di 19.000 persone in Siria. Il futuro, poi, non promette niente di confortante.

“C‘è una sola possibilità per risolvere questa situazione: schierare in Siria truppe americane ed europee in grande quantità. Si può finire questa guerra come l’abbiamo finita in Bosnia e in Iraq. Ma dubito fortemente che qualcuno sia interessato a questo. Finora è stato molto vantaggioso nascondersi dietro al veto della Russia, per dare la colpa ai russi. Ma anche con l’approvazione di Mosca, sul territorio i fatti non cambierebbero. Questo conflitto non si risolve con l’abbandono del potere da parte di Assad o con Assad che prende una certa decisione” conclude Vali Nasr.

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