Presidente Tagikistan a euronews "democrazia in paesi ex sovietici è un sogno"

Presidente Tagikistan a euronews "democrazia in paesi ex sovietici è un sogno"
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Il Tagikistan è uno dei paesi più poveri dell’Asia centrale.

In occasione del Norouz, la festa che celebra l’inizio dell’anno nel calendario persiano, euronews ha incontrato il presidente Emomali Rahmon.

Eletto per la prima volta nel 1992, durante i primi anni del suo mandato, ha affrontato una guerra civile che ha contato oltre 100.000 vittime.

Babak Kamiar, euronews: presidente Rahmon, innanzitutto felice Norouz. Vorrei sapere se considera queste celebrazioni come un’occasione per rafforzare l’identità nazionale del Tagikistan. Le celebrazioni del Norouz possono rappresentare il preludio al restauro dell’identità tagika, che è stata compromessa durante l’Unione Sovietica?

Emomali Rahmon: Durante il periodo dell’Unione Sovietica erano imposte restrizioni enormi alle persone che celebravano le tradizioni e i costumi nazionali. Queste celebrazioni sono state vietate e le persone che le praticavano perseguite. Ma il Norouz è qualcosa che vive cuore del nostro popolo, e nonostante un dominio durato oltre 70 anni, il regime sovietico non è riuscito ad cancellare questa tradizione. Anche prima dell’Unione sovietica ci fu un tentativo simile, ma alla fine l’Islam ha accettato il Norouz. Il Norouz è la celebrazione della vittoria della virtù sul vizio. È un incoraggiamento a fare delle buone azioni. È perdono. È molto raro trovare una festa simile nel mondo.

euronews: L’Iran è stato oggetto di crescenti sanzioni internazionali. Queste hanno causato qualche cambiamento nelle relazioni tra il Tagikistan e l’Iran?

Emomali Rahmon: Secondo le nostre informazioni, la Repubblica islamica dell’Iran non cerca di ottenere o costruire armi nucleari. La Repubblica islamica dell’Iran ha fatto grandi passi in avanti, è un paese che si è sviluppato. Tutti i problemi relativi alla questione nucleare devono essere risolti soltanto attraverso il dialogo e la diplomazia. Queste sanzioni hanno colpito anche noi, naturalmente. Ma non solo il Tagikistan. Anche molti paesi sviluppati, come quelli europei e il Giappone sono stati colpiti. Sono aumentati i prezzi di petrolio e gas e questo va a vantaggio dei paesi produttori di petrolio e non di quelli che lo consumano. Molti dei paesi industrializzati che erano soliti acquistare petrolio iraniano sono stati colpiti negativamente da queste sanzioni. L’aumento mondiale dei prezzi del petrolio e del gas ha, ovviamente, danneggiato la nostra economia.

euronews: Circa un milione di tagiki sono emigrati in Russia per lavorare. Questo non ha causato problemi alla società del Tagikistan? O ha forse aiutato la Russia ad estendere la sua influenza nel paese?

Emomali Rahmon: Circa un milione di lavoratori tagiki vivono e lavorano in Russia. Beh, questo è vero, dove altro possono andare? Con il loro lavoro aiutano le loro famiglie e aiutano anche l’economia del loro paese. Il governo del Tagikistan ha un’ottima relazione con le autorita russe per sostenere i diritti e gli interessi dei lavoratori tagiki che emigrano nella Federazione Russa. Non credo che le nostre relazioni e la nostra cooperazione strategica con la Russia abbiano limitato il Tagikistan nelle sue relazioni con altri paesi. Non è questo il caso. Nei rapporti internazionali perseguiamo la politica delle porte aperte.

euronews: Recentemente, in Russia si sono tenute le elezioni presidenziali. Come presidente del Tagikistan crede che basti organizzare delle elezioni per dire che in una società vi è democrazia?

Emomali Rahmon: Un governo guidato per 70-80 anni dalla stessa politica e dalla stessa ideologia non può tramutarsi in 10 o 20 anni in un modello di società democratica e civile. C‘è bisogno di tempo per cambiare la mentalità delle persone. Questo processo è stato avviato in Russia e in altre repubbliche ex sovietiche. Durante le ultime elezioni in Russia, i gruppi politici potevano liberamente esprimere le proprie opinioni, questo non dimostra un progresso in questo processo di democratizzazione? Si sa che all’inizio gli errori sono inevitabili. Esercitare, da un anno all’altro, la democrazia come negli Stati Uniti o in Europa è impossibile in Russia o in altre repubbliche ex sovietiche. È solo un sogno.

euronews: Come è cambiata la tutela dei diritti umani in Tagikistan durante questi 20 anni? Pensa che la situazione sia soddisfacente adesso?

Emomali Rahmon: Ricordo che nel 1990-91, nel primo anno di indipendenza, c’erano solo 4 quotidiani privati. Avevamo una sola stazione televisiva. C’era una sola agenzia di stampa statale. Oggi la situazione è diversa. Ci sono più di 3000 organizzazioni, partiti politici e organizzazioni non governative. Sono pubblicati circa 500 giornali e riviste, il 60% dei quali di proprietà privata. Ci sono 44 stazioni televisive e solo 4 appartengono al governo. Passo dopo passo, abbiamo fatto molto lavoro per proteggere i diritti umani in Tagikistan. Come lei sa, abbiamo molti problemi e questo processo di crescita e sviluppo della nostra società troverà la sua strada passo dopo passo.

euronews: Una domanda sulla questione sicurezza al confine tra il Tagikistan e l’Afghanistan. Come garantite questa sicurezza? E cosa mi dice sulla questione del traffico di droga attraverso il confine?

Emomali Rahmon: Se si confronta la situazione odierna con quella di dieci-undici anni fa, c‘è una differenza enorme. Devo dire che ora va molto meglio. Il grosso problema è il traffico di droga. Entrambe le autorità preposte, sia nella Repubblica del Tagikistan sia nella Repubblica islamica dell’Afghanistan, stanno cooperando per combatterla, sia al confine che in territorio afghano. Ma abbiamo bisogno di aiuto da parte della comunità internazionale. Così come il terrorismo internazionale e l’estremismo, il traffico di droga è un problema globale. Non si limita all’Afghanistan, al Tagikistan e all’Asia centrale. Perché dovremmo parlare di questo? In Afghanistan vengono inviate sostanze chimiche per sostenere la produzione di droghe chimiche. Non esistono in Tagikistan fabbriche in grado di produrre queste sostanze, lo stesso vale per l’Afghanistan. La domanda da fare è: da dove vengono? Questo volume enorme di sostanze chimiche da quali paesi viene contrabbandato? Quali misure dovranno prendere in futuro per affrontare questo problema?

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