Cohn-Bendit: "Rilanciare i negoziati per l'adesione di Ankara all'Unione europea"

Cohn-Bendit: "Rilanciare i negoziati per l'adesione di Ankara all'Unione europea"
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Di Euronews
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Siamo a Istanbul, all’incontro intitolato “La Turchia in Europa”. Se il premier turco Erdogan è di poche parole, sulla questione della candidatura del suo paese a far parte dell’Unione, Daniel Cohn-Bendit potrebbe esserne invece lo sponsor ideale.

Il leader dei verdi europei prova a rianimare il confronto sul processo di adesione, un processo che negli ultimi tempi ha registrato qualche rallentamento.

Malgrado tutto, per i verdi europei la Turchia conserva ancora il suo posto nell’Unione, come spiega Cohn Bendit a euronews.

Daniel Cohn-Bendit, benvenuto su euronews. Siamo sul lato europeo del Bosforo. Vista da qui, a che velocità cammina l’Europa?

Diciamo che l’Europa non è percepita per intero, vista da qui. In Turchia, in una parte della Turchia, si erano riposte molte speranze nel processo di adesione, e ora si ha come l’impressione che l’Europa blocchi la Turchia, e quindi, per reazione, la Turchia si sente meno tentata dall’Europa. E non è che sia un bene.

Sappiamo che lei è favorevole all’adesione di Ankara. Dunque considera di far parte di una specie in via di estinzione?

Diciamo che per ora coloro che difendono la prospettiva dell’adesione sono in minoranza: una specie forse non in via di estinzione, ma certo una specie minacciata. Ma io penso che se si valuta l’importanza della Turchia – importanza diplomatica, politica, economica – l’Europa debba porsi un sacco di domande, dato che le relazioni tra la Turchia e l’Europa sono sempre più interconnesse.
E non si potrà uscire dal processo semplicemente pronunciando un No. Dunque io credo che il futuro dimostrerà che l’Europa ha bisogno della Turchia, e che la Turchia ha bisogno dell’Europa.

Ma politicamente cresce la distanza tra le opinioni pubbliche, e anche tra le classi politiche…

E’ così, almeno adesso. Ma io penso che quando guardiamo agli obiettivi di fronte a noi – e cioè la questione mediorientale, il problema dei negoziati con l’Iran – la Turchia ha bisogno di un sostegno concreto dell’Europa e degli Usa per continuare a giocare il suo ruolo. Un ruolo riconosciuto dato che c‘è un processo negoziale con l’Europa. Se si chiudesse anche questo processo, la Turchia smetterebbe di esercitare questo ruolo. Per questo credo che nei prossimi mesi si tornerà a un clima molto più disteso, che non esiste ancora ad oggi.

Resta il fatto che i negoziati di adesione segnano il passo…

I negoziati segnano il passo, quindi… A giugno ci saranno le elezioni in Turchia. Ma io penso che si debba risolvere il problema di Cipro. Cipro non è lo scoglio più importante, ma allo stesso tempo esercita un forte potere di condizionamento. Quindi si deve spingere ad aprire dei negoziati, puntando a stabilire scambi economici diretti con Cipro del Nord. Perciò serve che l’Europa faccia pressioni per l’apertura dei porti e degli aeroporti della Cipro settentrionale, e che la Turchia apra porti e aeroporti ai greco-ciprioti. Ankara dovrà fare degli sforzi sul piano di riduzione delle proprie truppe a Cipro del Nord. E’ qualcosa che si può fare, se c‘è la volontà politica di farlo. Il nostro ruolo è di spingere in questa direzione.

Come convincerebbe un cittadino comunitario della necessità dell’adesione della Turchia?

I cittadini… Prima bisogna convincere i politici… Ai cittadini servirà dimostrare che oggi, con la globalizzazione degli scambi e dell’economia, una potenza europea che pretenda di governare l’economia o i temi ambientali, ha bisogno della Turchia. E sottolineare che nei conflitti in atto con alcuni paesi musulmani e col radicalismo islamico, nella crisi in Medio Oriente, la Turchia può portare quella marcia in più che ci serve. Ecco come dovremo provare a convincere i cittadini.

Ci si deve anche liberare dei luoghi comuni, ad esempio sul velo?

Le donne turche non portano il velo, ma un foulard. Le donne in Francia portano da cinquanta anni il foulard, in campagna. Quindi non è un velo. Il loro viso non è coperto, indossano solo un foulard sulla testa. Ma il problema non sta nel foulard, ma in quello che c‘è dentro la testa. Mi chiedo: viviamo o no in uno stato secolare? E il dibattito in Turchia sulla nuova Costituzione, che dovrà essere riscritta dopo le elezioni di giugno, sarà fondamentale. Uno stato che protegge tutte le libertà dell’individuo, la libertà di chi crede e di chi non crede, la libertà degli orientamenti sessuali, cose contenute nella Carta europea dei diritti umani. Ecco il futuro della Turchia: col foulard o senza. E senza veli, nessuna usa il velo in Turchia.

Siamo forse alla stasi dell’ondata storica tra l’Europa e la Turchia. Secondo lei potrà ripartire? e se si quando?

Non ho la sfera di cristallo. Ma penso che il dialogo ripartirà. Succederà perchè gli interessi comuni, il coinvolgimento degli uni e degli altri sono cose ormai troppo profonde. Quano accadrà? Non so dirlo. Ma serve orientare la nostra azione politica in favore della riapertura dei capitoli negoziali, e in favore del fatto che leggi in Turchia, come quella sui sindacati ad esempio, venga approvata dal parlamento. E ci aspettiamo che dopo le elezioni di giugno ci sia una vera aprtura costituzionale in Turchia.

Daniel Cohn-Bendit, grazie.

Di nulla, arrivederci.

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