A Venezia, alla scoperta della musica Romantica francese

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Venezia e la musica francese dell’Ottocento: che cosa hanno in comune?

Al di là della passione di autori e musicisti transalpini per la città dei dogi, Venezia vanta da qualche mese il Centre de Musique Romantique Française, nella prestigiosa sede di Palazzetto Bru Zane.

Gestito dalla Fondazione Bru, da anni attiva nel settore della ricerca, dell’ambiente e del sociale, il Centro, dotato tra l’altro di una splendida sala da concerto, organizza decine di concerti l’anno, anche in collaborazione con prestigiosi enti culturali.

Un’avventura, sin dall’inizio.

“Un giorno mi hanno mandato a Venezia per acquistare un palazzo, racconta Michèle Roche, Segretario Generale della Fondazione.
Ho visitato meraviglie di 5.000, 3.000, 1.500 metri quadri, e poi un giorno è arrivato l’incontro cogli angioletti di Abbondio Stazio. C‘è stata poi la scoperta degli affreschi di Ricci, ne abbiamo trovati quattro, cinque, sei, sette in tutto.
Venire a Venezia per lavorare in un posto del genere è stupendo, avevo l’impressione di non lavorare!”

La Fondazione si è data un obiettivo ben preciso: far rivivere opere e compositori del Romanticismo francese caduti in oblio.

Impresa condivisa da Laurent Martin, pianista di fama, con un vasto repertorio di autori noti e meno noti.

“La musica romantica, spiega, è legata alle emozioni, alla sensibilità. Romanticismo significa eccessi, fantasia, sensibilità all’estremo – i grandi sentimenti. Nella società contemporanea, che è un po’ anonima, un po’ fredda, secondo me c‘è posto per questa musica cosi’ ricca di emozioni.” +
Proporre un repertorio inedito può rappresentare un rischio, e riservare qualche sorpresa, come racconta il Direttore scientifico del Centro veneziano, Alexandre Dratwicki.

“Quando abbiamo deciso di dedicare un festival al Pianoforte romantico la priorità è stata di non spaventare il pubblico. In un certo senso siamo stati un po’ ‘terroristi’ programmando compositori completamente dimenticati. Ora, le proposte che ci sembravano più interessanti alla fine hanno attirato meno pubblico, mentre per quelli che chiamo i ‘programmi terrorizzanti’ c‘è gente che è rimasta fuori. Secondo me se si punta a crearsi un ‘marchio di fabbrica’, e adesso dirò una cosa un po’ estrema, bisogna andare nel senso della riscoperta e del ‘terrorismo’.”

Per altre strade si avventurano i pensieri di Julie Friez, secondo violino del Quartetto Satie.

“L’arte deve avere un ruolo molto importante, non è un piacere fine a se stesso, ma ha un suo senso, e credo dovrebbe permetterci di vivere meglio. Non c‘è bisogno di essere artisti. Andare a un concerto, o a un museo, o al cinema, credo ci permetta di vedere la vita in maniera diversa, più ricca, e più interessante, che senza tutto ciò.”

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